Il viaggio da Brisbane a
Cairns e’ durato poco piu’ di un’ora, una frazione di tempo breve rispetto al lungo viaggio che ormai e’ alle nostre spalle. A fianco a noi un uomo molto gentile che ha voluto cedermi il suo posto vicino al finestrino. Gli australiani sono così: intuitivi e gentili. Ha conversato con noi distogliendo l'attenzione dalla lettura di un libro tecnico sugli aerei, e come tutti gli australiani prima di conoscere i nostri nomi ha voluto sapere da dove venivamo.
E’ piu’ forte di loro conoscere la provenienza dell’interlocutore. E forse non e’ difficile capire il perché. In una terra dove le radici affondano per lo piu’ dall’altra parte dell’emisfero, la curiosità di trovare qualcosa in comune con gli altri e’ piu’ forte di ogni altra cosa (da un censimento del 2006 la popolazione australiana e’ così distribuita: australiani (37,13%), inglesi (31,65%), irlandesi (9,08%), scozzesi (7,56%), italiani (4,29%), tedeschi (4,09%), cinesi (3,37%), greci (1,84%), olandesi (1,56%), indiani (1,18%), libanesi (0,92%), vietnamiti (0,87%), polacchi (0,82%), neozelandesi (0,81%), filippini (0,81%), maltesi (0,77%), croati (0,59%), aborigeni australiani (0,58%), gallesi (0,57%), francesi (0,5%), serbi (0,48%), maori (0,47%), spagnoli (0,42%), macedoni (0,42%), sudafricani (0,4%), cingalesi (0,37%), ungheresi (0,3%), russi (0,3%), turchi (0,3%), americani (0,28%)).
La maggior parte degli australiani e’ di origine anglosassone: inglesi, irlandesi, scozzesi. Tutto parla ancora delle loro origini: gesti, colore degli occhi, atteggiamenti, espressioni, la stessa lingua rimasta per certi versi ancora arcaica, ricca di modi di dire soppiantati nella nuova Inghilterra da slang irriconoscibili, o del tutto dimenticati. In Australia e’ molto comune sentirsi dire “Pardon” ormai caduto in disuso e sostituito dall’onnipresente “Sorry”. E ancora, per le strade di Melbourne, Adelaide, Sydney si captano conversazioni colorite da un forte accento
cockney ormai patrimonio del solo East End londinese.
L’Australia e’ una terra che ha accolto gente da ogni dove ma questa e’ storia nota. La macrostoria, quella delle grandi migrazioni e’ ormai un patrimonio comune. In molte famiglie della vecchia Europa c’e’ almeno un lontano parente che ad un certo punto si e’ imbarcato per cercare fortuna in quella parte di mondo così al limite che perfino nel mappamondo si fatica a trovare.
Con lo sguardo fisso sul panorama che si apriva sotto ai miei occhi ho visto finalmente l’Oceano Pacifico e delle formazioni di nuvole molto basse, a filo dell’orizzonte, che per uno strano effetto di luce, cielo e mare creavano insoliti miraggi mai visti prima: nuvole che si riflettono sul mare e poi si sciolgono per riemergere con nuove forme dal mare. Sarà stata la stanchezza, ma ad un certo punto non riuscivo piu’ a capire se mi trovavo immersa nell’azzurro del cielo o nel blu profondo del mare. Le nuvole in Australia sono così meravigliose che possono diventare un’ossessione, e non somigliano a nulla di conosciuto.
All’atterraggio, il nostro compagno di viaggio, con un sospiro di sollievo ha sussurrato tra se’ e se’: “We made it again”. George ed io lo abbiamo guardato stralunati.
Cairns e’ una città turistica che deve la sua fortuna alla vicinanza, relativa (come tutto in Australia), alla
Grande Barriera Corallina. A Cairns, l’Esplanade, la lunga passeggiata lungo il mare, unisce i pochi chilometri che separano la periferia al centro cittadino. Strade larghe, semideserte, case ad un piano. In pochi metri un’abbondanza di uccelli mai visti prima: Sharp-tailed Sandpiper, Australian Pelican, Royal Spoonbill, Galah, Cokatoos, White Herron.
E poi gli Eucalipti che in questo viaggio impareremo a conoscere meglio, le acacie, alberi dai fiori rossi e carnosi, lo stupore ad ogni passo per un tripudio di colori e profumi totalmente sconosciuti a noi. Persino in una città “addomesticata” come Cairns si può assaporare l’inebriante potente bellezza della Natura.
Lungo le strade di Cairns si incontrano molti Aborigeni. Nei due viaggi precedenti l’incontro con loro e’ stato superficiale e del tutto casuale. Tra noi e loro c’e’ sempre una distanza incolmabile. L’effetto che ho provato e’ stato di ritornare indietro di milioni di anni. I loro occhi, gli sguardi, i gesti, il modo di camminare appartengono a qualcosa che noi non siamo piu’ da molto tempo. Il faccia a faccia con loro e’ un precipitare all’indietro, alle nostre origini, e forse questo a qualcuno può far paura, o provocare disagio, se non addirittura fastidio.
Io ne sono affascinata, vorrei poter entrare in contatto con loro ma so che questo e’ quasi impossibile. La loro ostilità nei nostri confronti e’ il risultato dell’istinto di sopraffazione, la sete di potere, di una parte di umanità, i cosiddetti “bianchi”, che ha la presunzione di sentirsi al di sopra di tutto e di tutti. Il pericolo che questa superiorità venga in qualche modo smentita da qualcuno che e’ altro da loro, scatena un odio feroce che non lascia scampo.
E gli
Aborigeni non hanno scampo da molto tempo. In una terra che era la loro rappresentano appena il 2% della popolazione e di questo 2%, otto su dieci sono dei disperati, schiavi dell’alcool che gli abbiamo fatto conoscere noi, bianchi.
Chi non e’ morto e’ come se lo fosse: zombies che vagano senza meta in città che sono prigioni, costretti, per sopravvivere, a cedere alle lusinghe e ai luccicori della nostra cosiddetta modernità e civiltà. Si salva chi vive ancora nell’
outback, libero, terra con terra, cielo con cielo, acqua con acqua, in quell’eterno walkabout attraverso le invisibili vie dei sogni.
Appunto sul mio taccuino: Aborigeni
E’ arrivata la sera del primo giorno, cerchiamo un ristorante e veniamo attirati da un locale molto semplice con le luci soffuse. Leggiamo il menù.
Bush Menù: Emu, Kangaroo, Croc
Great Reef Barrier menù: Shark, Barramundi
Ci accontentiamo di un’insalata e di una 4X ghiacciata, la birra del Quuensland, e poi a dormire, siamo completamente jetlagged!